Elda Lettieri

Una altavillese alla conquista dei Paesi dell'Est

Gent.mo sig. Di Venuta dopo aver letto della sua ricerca sugli Emigrati Altavillesi in America mi è venuta la voglia di farle conoscere un altro spaccato di vita. Sono una sua concittadina che si è trasferita nel lontano 1957 in Toscana. In confronto ad altre storie la mia le sembrerà banale.  Le garantisco che così non è stato. Comunque visto che al Comune di Altavilla sono legatissima - vengo molto spesso dai miei parenti - mi fa piacere  raccontarmi. Non sarebbe bello far conoscere le avventure degli Altavillesi sparsi nel mondo, e di come esibiamo e portiamo avanti con onore le nostre origini? Un cordialissimo saluto da Sofia dove mi trovo in questo momento.

Elda Lettieri

Ciao Elda, permettimi di darti del tu. Ho letto la tua storia ed è bellissima, ho visto il tuo sito e ti faccio i complimenti per bella carriera professionale. La tua è una storia che va 'pubblicizzata' perche' dimostra che ognuno di noi, se ha coraggio e volonta', puo' raggiungere gli obiettivi in cui crede. Bruno.

Per chi vuole conoscere Elda e scaricare la sua storia ,devi consultare il sito http://www.eldalettieri.it

MIA FIGLIA DOTTORE

A mio padre

E' una storia vera quella che voglio raccontare e che spero possa trasmettere, alle donne che hanno paura di “rimettere in discussione la propria vita”, il coraggio e la forza di “cambiare le cose”.

La dedico a mio padre, uomo di gran tempra che ha lasciato Altavilla Silentina, la sua terra natia, per garantire un diverso avvenire ai figli.

Lui è stato il regista di questa storia, ha avuto “l'onère” di iniziarne le riprese, ma non “l'onore” di vederne i risultati, e quindi di raccogliere gli applausi del “suo pubblico”, di sua figlia dottore che ha cercato e voluto disperatamente la rivincita per lui e per tutta la famiglia.

“Questa bambina è in partenza per una terra lontana della quale non sappiamo nulla per cui le auguriamo tanta fortuna, perché sicuramente ne avrà bisogno…….”. Così don Domenico concluse la messa della mia prima comunione ad Altavilla Silentina, in quel gelido gennaio……., gelido non per la temperatura esterna bensì per la sensazione che avevamo dentro di noi e che di lì a poco ci avrebbe condotto in Toscana, un luogo per noi incerto e privo di significati.

I miei genitori avevano frequentato a mala pena, e in modo saltuario, la scuola serale alla Scalareta, in casa di zio Francesco l'unico della famiglia Lettieri che sapeva leggere e scrivere, nei dopo cena quando non erano troppo stanchi dal lavoro dei campi. Io e i miei quattro fratelli, essendo tutti molto piccoli, non sapevamo certo in che parte del mondo si trovasse la Toscana!

Quel 17 gennaio 1957 è ancora impresso nella mia mente: salimmo su un carro trainato da buoi con le nostre valigie di cartone per raggiungere la strada principale a Cerrelli dove il pullman per Battipaglia ci attendeva. La strada che conduceva dalla nostra casa alla Scalareta, in aperta campagna, alla fermata del mezzo era tortuosa e piena di buche così grosse che ci sparivano le ruote del carro. Per di più quella mattina alle lacrime nostre e dei parenti, che stavamo per lasciare, si era aggiunta una pioggia impertinente, quasi profetica…... ma fortunatamente i loro abbracci sconsolati ci dettero la forza e il calore di cui avevamo disperatamente bisogno.

Traumatico fu l'addio ma niente in confronto all'impatto con la nuova terra. Nevicava, e chi l'aveva mai vista la neve? Era un freddo terribile e nessuno di noi aveva un cappotto perché il clima da noi in Campania era più mite, e al primo impatto fisico i toscani non ci piacquero per nulla!

All'arrivo dovendo pulire le due stanze della nuova casa, 50 mq. per sette persone, e non avendo a disposizione il necessario perché il camion che lo trasportava era in viaggio, io e mio fratello Leo andammo dai vicini e chiedere in prestito una scopa. “Mi raccomando parlate in italiano, dite “signò ci potete imprestà na scopa…” ci consigliò nostro padre. Non senza vergogna ci avvicinammo a quei signori, due uomini e una donna, per chiedere quella cortesia.

“Gesù” - esclamò mio fratello - “quanto so' brutti sti tuscani”. In effetti, quei signori al posto dei denti avevano delle “belle zanne” che uscivano dalla bocca. Solo in seguito scoprimmo che quella era una caratteristica della famiglia, e che quindi i toscani non erano poi così brutti. Alla nostra richiesta della scopa seguì un primo gran nodo da sciogliere perché ci fu chiesto: “Volete la ramazza?”. E che era la ramazza…… noi volevamo solo una scopa!

Dopo di problemi reali ce ne furono molti: il disagio di non capire il dialetto toscano, la difficoltà nel farsi accettare, non solo dai compagni di scuola ma soprattutto dalle loro famiglie che in quegli anni etichettavano tutti gli immigrati meridionali come “sporchi napoletani”; fu però grazie ad alcune brave persone toscane che successivamente il nostro futuro ci sembrò meno nero. Don Vittorio e la signora Marina, che più volte ci prestarono i soldi per pagare il mutuo della casa, la signora Aida, la bottegaia che ci assicurava la spesa ogni giorno e che pagavamo quando nostro padre lavorava…... ed altri ancora che non furono da meno.

Le mie prime confidenti e maestre di vita furono Martina e Leonilda, le due sarte cui fui indirizzata a undici anni per imparare il mestiere di sarta anche se studiare era l'amore della mia vita. In Campania a cinque anni seduta in terra, sui gradini esterni della vecchia scuola di campagna alla Scalareta, “frequentai” la prima elementare. Ufficialmente iniziai dalla seconda perché non mi fu mai rilasciata la pagella dell'anno che feci la spola fra il fuori e il dentro, nei mesi invernali per bontà all'insegnante.

A Staggia, la nostra America , all'epoca non c'erano le scuole medie perciò per continuare a studiare avrei dovuto spostarmi a Poggibonsi. E dov'erano i soldi per l'abbonamento del treno? Neanche pensarci, si va dalla sarta e s'impara un mestiere. Furono i due anni peggiori della mia vita. Nonostante la tenera età lavoravo tutto il giorno: zampe di mosca, frullini, sottopunti, punti molli….., e le mie attitudini personali che sembravano presagire un futuro fra i libri si scontrarono con la dura realtà che portò la mia vita verso tutt'altra direzione.

Mangiavo poco e sorridevo meno, e per di più soffrivo di colite (…oggi si definirebbe malattia psicosomatica); il medico impose ai miei genitori di farmi riprendere gli studi perché altrimenti la mia salute ne avrebbe risentito irrimediabilmente.

Con tale prospettiva si trovarono i soldi per l'abbonamento al treno per iniziare le scuole medie, per l'esattezza l'avviamento commerciale. Il destino, o la sfiga, volle che il primo ottobre di quell'anno dovetti operarmi di tonsille, perciò la scuola per me iniziò con due anni e un mese di ritardo. Ad aprile dello stesso anno terminò il mio anno scolastico, fui colta da peritonite e operata d'urgenza. Gli insegnanti mossi a compassione, e poiché ero fra le migliori della classe, decisero di rimandarmi a settembre in tutte le materie per non farmi perdere l'anno scolastico.

Mi preparai da sola perché non c'erano soldi per le ripetizioni, dovetti “riparare” anche canto e ginnastica. A settembre superai brillantemente tutte le prove. In terza media il preside, nel propormi per la borsa di studio, convocò i miei genitori. Non si presentarono perché il mio destino era segnato, dovevo andare a lavorare per garantire uno stipendio in più alla famiglia.

Zio Francesco, lo zio “che sapeva leggere e scrivere”, consigliò a mio padre di vendersi tutto, “anche gli occhi”, pur di farmi studiare. All'epoca i miei temi giravano fra le classi, uno fra tutti, quello sulle ciliegie, fu ricordato e portato dalle insegnanti com'esempio di “fervida immaginazione”. La fantasia non mi mancava certo, era una forma di autodifesa che mi permetteva di estraniarmi da una realtà che rifiutavo. I numerosi libri che prendevo in prestito alla biblioteca viaggiante mi aiutarono nel farmi “vedere mondi” a me molto lontani.

Purtroppo la vita prese un altro indirizzo. Quindicenne mi ritrovai in confezione ad una catena di montaggio nella fabbricazione di pantaloni da uomo, dove rimasi fino ai venti anni, età in cui sostituii mio fratello, perché militare, nel bar messo su con enormi sacrifici dal resto della famiglia.

Insoddisfatta decisi di dare una svolta alla mia vita e così nei momenti liberi iniziai a frequentare i numerosi corsi che si tenevano nella zona: dattilografia, stenografia, perforatore meccanografico….. non importava cosa…. l'importante era studiare.

Tentai senza successo la strada della polizia, perché non avevo il diploma di scuola superiore. Che delusione!!! Rialzai la testa e con le nuove “qualifiche professionali” acquisite colsi l'occasione per fare il primo “salto di qualità”, il passaggio dalla fabbrica all'ufficio!

Trascorsi alcuni anni di felicità virtuale, mi ritrovai ancora delusa a dialogare con un computer. Coliche di fegato, emicranie, insofferenze, m'indussero a rimettere di nuovo in discussione la mia vita, allietata nel frattempo dal matrimonio e dalla nascita di una desiderata figlia femmina. Fu allora che decisi di riprendere gli studi e di iscrivermi ad un corso serale di ragioneria da cui ne uscii due anni dopo diplomata, nello stesso giorno in cui la nazionale di calcio diventò campione del mondo!!!

Caricata emotivamente decisi di andare ancora avanti, dovevo riscattare quel 36/60 della maturità assegnatomi dalla commissione solo perché privatista. Lasciai il “lavoro sicuro”, con tredicesima, quattordicesima e ferie pagate, per iniziare una nuova avventura, nel campo giornalistico all'interno della redazione del Corriere di Siena, con 300.000 lire di stipendio il mese, e come matricola all'università di Siena ad una facoltà ritenuta ostica, “Scienze economiche e bancarie”.

Furono quelli anni d'enormi sacrifici e di grandissime soddisfazioni, sia nel campo giornalistico che scolastico. Feci molte rinunce, il mio tempo libero era riservato allo studio, libri, dispense, consigli comunali, interviste e……. a mia figlia che intanto cresceva e di cui non me ne rendevo conto. Mio marito faceva da madre e padre, anche se cercavo di essere presente nei momenti più significativi: prima comunione, cresima, compleanni, primi amori……

Nel 1990 ho creato e, successivamente, affermato sul territorio l' Executive Planning , una società specializzata in strategie di comunicazione e formazione professionale, ed ho conseguito la laurea in scienze economiche e bancarie………. per la famiglia Lettieri è stata la prima volta !

Purtroppo quel giorno non ho avuto accanto le due persone che più di altri lo meritavano, mio padre, che dal Sud mi ha portato in Toscana per assicurarmi un futuro migliore, e che forse non si è mai perdonato di non avermi fatto studiare al momento opportuno ma che ha saputo comunque infondermi fiducia, e mia suocera che in quegli anni mi ha supportato crescendo mia figlia per aiutarmi a raggiungere i traguardi che mi ero prefissata.

Sono stati indispensabili mio marito e mia figlia che hanno sempre dimostrato una gran maturità nell'accettare questa moglie e madre problematica, irrequieta e forse un poco fuori dei canoni usuali.

Nel gennaio del 2001 ho lasciato la società che avevo creato per dedicarmi alla libera professione, per “correre” finalmente da sola alla ricerca di nuovi stimoli e soddisfazioni. E' stata una decisione molto sofferta, non è stato né facile né indolore rinunciare ad una sicurezza economica consolidata per ricominciare di nuovo da capo. Qualcuno mi ha definito incosciente, altri ne hanno ammirato il coraggio, penso che in pochi hanno condiviso la scelta. Solo il tempo dirà chi ha avuto ragione.

Da gennaio 2005 ho deciso di vivere un'altra avventura, stavolta in terra bulgara: con alcuni amici ho costituito la Polymetis, una società di consulenza, che si propone di trasferire conoscenze ed esperienze ad un popolo appena entrato in Europa. Anche questa decisione da qualcuno è ritenuta poco “normale”….ma ormai credo che nel mio vocabolario termini come normalità siano scomparsi da tempo.

Nel 2006 sono andata oltre e ho costituito a Sofia due Organizzazioni non governative, AURIGA Accademia del turismo, e SELENA Associazione donne imprenditrici della Bulgaria. In entrambe, malgrado sia l'unica Italiana, sono stata eletta Presidente.

Nel 2007 ho deciso di creare IMPULSI, un altro gruppo europeo di interesse economico consorziando otto strutture, italiane e bulgare. Con loro ho la presunzione di voler lasciare un segno in Bulgaria…..una altavillese alla conquista dei Paesi dell'Est!!

Per ogni traguardo raggiunto ci sono stati tanti ostacoli e sacrifici da affrontare…… ma quanta soddisfazione ogni volta che riuscivo a salire un gradino di quella lunga scala; e poi a quella bambina, e a tutte le “bambine del sud” dovevo una rivincita: dimostrare che non siamo “ sporche napoletane ”!

C'è un altro importante sogno nel cassetto che avrei voluto raggiungere, ci ho provato però senza successo. Questo è forse uno dei “fallimenti” della mia vita che ho accettato con meno dolore degli altri. Avrei voluto mettere a disposizione la mia esperienza professionale per aiutare i giovani della mia terra, del mio Sud, a non emigrare per altre terre, a contribuire alla loro formazione professionale per cercare di fargli trovare a casa propria uno sbocco occupazionale adeguato e rispondente alle proprie caratteristiche ed ambizioni.

La mia è stata una sofferenza che ha lasciato tante ferite, ancora oggi doloranti, vorrei evitare ad altri giovani piangere le mie stesse lacrime. Non mi sento figlia di nessuna terra……le radici sono dove non è il mio corpo e la mia testa….è una sensazione che, se possibile, consiglio di evitare.

Fino ad oggi quali sono stati i miei migliori alleati? La costanza, l'orgoglio, la determinazione e la voglia di scrollarmi di dosso abiti che non mi appartenevano.

Eduardo de Filippo diceva che nella vita gli esami non finiscono mai. Sono consapevole che ne dovrò sostenere ancora molti altri. Non ho problemi……..nulla mi spaventa…… ma quanti ancora si presenteranno sul mio percorso di vita?

Elda Lettieri