24/9/2001 - 24/9/2011 Decennale della morte di Padre Guglielmo

In memoria di Domenico Di Agresti

Radici e inquietudine, splendore e verità

di Antonietta Broccoli

“(…) Strappate le radici ad un albero: lo fate morire.  Lo potete trapiantare, si abituerà ad altri climi e ad altre condizioni, ma non può perdere le sue radici se vuol sopravvivere. “ (Tra memorie e desideri da La collina degli ulivi, 1992)
Già le radici, quei sottilissimi legami che riannodano il presente al passato e che consentono, alla pianta matura, di trarre nutrimento e vita per il futuro. Non zavorra che fa ripiombare nel buio dei trascorsi lontani, ma ancora di salvezza che fa respirare il nostro corpo e la nostra anima con la mente e il cuore proiettati nel mondo per poterlo comprendere a fondo e svelarne i segreti.

Anche la scrittrice Susanna Tamaro crede alla loro importanza affermando che, come in un albero, radici e chioma devono crescere in egual misura, così é molto importante, per gli uomini, stare nelle cose e starci sopra, per offrire ombra e riparo e, alla stagione giusta, potersi ricoprire di fiori e frutti.
Padre Guglielmo Di Agresti, al secolo Domenico, è stato un uomo che è entrato nelle cose in profondità rifuggendo e sorvolando le mediocrità del mondo, offrendo ombra e riparo per tutti e ricoprendosi di fiori e frutti di sapienza che noi tutti possiamo ammirare e gustare. Ancorato com’era, così teneramente, alle sue radici da cui si librava in vista del mistero, con la spasmodica ansia di chi riconosce come sua legge di natura la verità e la sua incessante ricerca, è stato animato dalla sete del sapere che ha trovato in Dio la sua prima fonte.
Nonostante i suoi tanti anni di “esilio” religioso e intellettuale, ha conservato un amore immutato per la sua bella Altavilla di cui ha cantato le bellezze e denunciato i mali morali e culturali che l’affliggevano.

Nei suoi soggiorni al paese natìo, ha cercato, in qualsiasi momento, passeggiata o sermone che fosse, di erudire, insegnare, illuminare i giovani, i politici, gli studiosi locali spargendo, in ciascuno, il seme della conoscenza con la gratuità e il sorriso che lo caratterizzavano. Un sorriso che non si è mai spento neanche con la morte avvenuta dieci anni or sono, ma che continua a rivivere sui visi di chi gli è stato più vicino o di chi ha avuto anche soltanto la fortuna di ascoltarlo per un attimo.

Proprio in occasione del Decennale della sua morte, l’associazione per lo sviluppo e la promozione del territorio “Auriga Cilento”, in collaborazione con l’associazione culturale “Altavilla Viva” ha realizzato il 27 dicembre 2011 nella chiesa del Carmine di Altavilla Silentina un convegno dal titolo “In cammino: vita ed opere di P. Guglielmo Di Agresti nel decennale della morte”. Bruno Di Venuta, storico locale e membro dell’Auriga Cilento, ha avuto questa felice intuizione di tributare all’insigne domenicano, scrittore, insegnante, studioso plurilaureato e poeta altavillese un omaggio di grandissima riconoscenza e gratitudine per quello che ha fatto in tutta la sua vita cercando di ricambiare un po’ di quell’amore che lo aveva sempre animato.

Nel corso di un dibattito moderato dalla brava Tiziana Rubano e introdotto da Bruno Di Venuta e dall’assessore Pasqualino Perillo, alla testimonianza affettuosa e commossa della sorella, la prof.ssa Carmelina Di Agresti, se ne sono unite tante altre accomunate dallo stesso sentimento di stima.

Oreste Mottola, Piero Di Matteo, Fernando Iuliano, Fabio Sacco, Piero Lettieri e Amedeo Cennamo hanno tratteggiato la figura di padre Guglielmo partendo da quello che era fondamentalmente, una persona semplice di una sconfinata cultura che viveva la sua quotidianità nella più assoluta modestia intrattenendosi con gli amici di sempre a cui regalava perle di saggezza e stimoli per il miglioramento. Scrittore attento e preciso di opere di notevole valore teologico e agiografico relative a S. Caterina De’ Ricci e Girolamo Savonarola, raffinato autore di poesie, articoli ed estratti su riviste e quotidiani nazionali, padre Guglielmo si è meritato un posto non solo nel Dizionario degli autori italiani contemporanei, ma anche tra le personalità più illustri della nostra comunità che hanno rivoluzionato il normale modus operandi.  

Con lui se n’è andata un po’ dell’Altavilla eletta che, troppe volte, non riesce a decollare e a dare il meglio di sé, che non si spinge al di là della sua foresta per guardare oltre le sue fronde e i suoi silenzi.

“Ma se cupa è la notte e la luna non splende (…), ecco un lume s’accende solitario ogni sera, risplende su in cima, sulla macchia più nera e nella notte più fonda... Un lumicino che sempre s'accende e ancor non si spegne…” (La mia foresta da Dialogando, 1993 Ed. Il Salice – Potenza)

Possa tu, caro padre, continuare a essere questo lume che risplende nelle nostre coscienze.